E’ davvero interessante seguire l’evolversi della giurisprudenza e della dottrina sul tema dell’anatocismo nei mutui.
Tutt’altro che argomento per pochi eletti, la questione in realtà coinvolge gli interessi di una platea sterminata di soggetti, istituti di credito da una parte e mutuatari dall’altra.
Voglio segnalare come stia assistendo ad un lento ma costante spostamento del pensiero (specie da parte degli organi giudicanti, giustamente molto cauti nello sposare interpretazioni innovative) verso il riconoscimento che il piano di ammortamento cosiddetto “alla francese” sia costruito in regime di capitalizzazione composta, sebbene vi siano ancora notevoli resistenze nel considerare illegittimo il conseguente anatocismo (che anzi spesso viene ancora ritenuto inesistente).
Molto interessante sul punto il recentissimo articolo del prof. Antonio Annibali (e della sua squadra), in www.attuariale.eu, all’attacco della sentenza della Corte di Appello di Torino del 6 ottobre scorso.
I Giudici piemontesi, pur riconoscendo la capitalizzazione composta nel piano di ammortamento alla francese, non si spingono oltre e ritengono che in realtà non si concretizzi comunque illegittimo anatocismo perché gli interessi verrebbero calcolati comunque e unicamente sulla quota capitale via via decrescente (in realtà sul debito residuo, n.d.r.).
I matematici, dal canto loro, precisano che questo modo di vedere non è corretto perché se si pagano interessi calcolati sul debito residuo risultante al termine di ciascun periodo altro non si fa che consentire che questi siano comunque fruttiferi “su e per altre operazioni” (dell’istituto di credito).
Perché non vi sia anatocismo, aggiungono, gli interessi dovrebbero essere corrisposti solo alla scadenza del mutuo o, in alternativa, periodicamente ma in forma attualizzata alle singole scadenze (“pagare alla fine, ossia pagare contestualmente in forma attualizzata, vuol dire non capitalizzare!“).
Interessante, no?